Nelle polemiche e nei dibattiti suscitati in modo abbastanza comprensibile da una crisi grave come quella del coronavirus, si è inserita anche l’accusa al Presidente Conte di aver violato i principi costituzionali. L’accusa è grave in sé, e va esaminata con cura, poiché può produrre conseguenze molto serie e può essere ripresa in modo anche più drammatico una volta terminata la fase virulenta del contagio; d’altra parte interessa in particolar modo noi cattolici, dato che l’espetto più appariscente dell’anticostituzionalità dell’operato del Governo in questi mesi è data dall’ingerenza nei momenti pubblici della vita religiosa della Chiesa e dei singoli cittadini.
Le decisioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sono ovviamente la sintesi di istanze diverse e possono essere valutate sotto angolature molto differenti; principalmente si può dire che egli era ed è stretto da una parte dalla necessità di rispondere ad una situazione molto grave, dall’altra dal dovere inderogabile di rispettare la legge e la Costituzione. Questa infatti è stata concepita dai nostri padri come un documento rigido, proprio per la convinzione che l’utilità in un dato momento storico non è mai superiore al bene che viene dall’osservanza del valore superiore della giustizia.
Come giuristi, pensiamo di poter contribuire alla riflessione comune esaminando gli aspetti giuridici dell’operato del presidente Conte.
Preliminarmente conviene precisare che il riferimento che a volte si fa ad una “situazione di emergenza” per giustificare il suo operato non ha valore giuridico. La Costituzione prevede che, dopo aver dichiarato lo “stato di guerra” il Parlamento possa attribuire al Governo poteri straordinari (art. 78) e solo dopo una legge con cui vengano stabiliti esattamente i limiti di tali poteri. Lo stato di Guerra deve poi essere dichiarato dal Presidente della Repubblica
Dato che questo non è avvenuto, il Presidente deve rispondere della costituzionalità dei suoi singoli atti come di consueto. E’ necessario dunque un esame analitico di questi ultimi.
Sul piano formale si può sostenere che le procedure seguite da Conte – emettere provvedimenti governativi, sanandoli con un atto legislativo, il Decreto Legge, che passi in ultima battuta dal Parlamento per il controllo successivo – rispettano formalmente la Costituzione; esse però hanno violato due elementi importanti della Carta Costituzionale: non è il Governo, ma il Parlamento ad essere titolare del potere di incidere sulle libertà personali; non sono i tecnici, ma è sempre il Parlamento ad avere il potere di stabilire le norme che regolano la vita dei cittadini.
Con questo si passa sul piano dei contenuti.
Numerosi Costituzionalisti si sono interrogati sulla legittimità costituzionale dei provvedimenti governativi con riferimento ai seguenti articoli:
art. 7: separazione dei poteri fra lo Stato e la Chiesa. Nessun organo delle Stato italiano ha il potere di vietare di svolgere cerimonie religiose. La chiesa cattolica, nei confronti dello Stato italiano, è nella stessa posizione in cui si trovano lo stato tedesco o quello francese rispetto allo stato italiano.
art. 13: libertà personale. I provvedimenti governativi in sintesi dicevano: “non puoi andare da nessuna parte, e se ti trovo fuori casa senza giustificazione accettabile sei sanzionato”; tali limitazioni, però, valgono solo per le persone agli arresti domiciliari. Non esiste alcuna legge che attribuisca al Governo il potere di tale invasione nella sfera personale dei cittadini; anzi, la Costituzione prevede che sia possibile limitare la libertà personale solo con atto dell’autorità giudiziaria e nei casi e modi stabiliti dalla legge.
art. 16 sulla libertà di circolazione. Fino ad oggi, le limitazioni alla circolazione venivano imposte alle persone malate, non a quelle sane.
art. 17 sulla libertà di riunione. La Costituzione prevede la possibilità per l’autorità di limitare le riunioni in luoghi pubblici, ma non prevede la possibilità di medesimo limite per le riunioni in luoghi privati.
art. 19 sulla libertà di culto, visti gli eccessi a cui sono giunte le forze dell’ordine facendo irruzione nei luoghi di culto e interrompendo le celebrazioni;
art. 24 sul diritto di difesa. La sospensione sine die dell’attività giurisdizionale ha di fatto compresso la tutela dei diritti delle persone.
Art. 25: riserva di legge in materia penale e determinatezza del comportamento che costituisce reato.
art. 33 sul diritto all’istruzione, data la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Si dirà che le scuole hanno attivato la didattica a distanza, dimenticando che, soprattutto per i bambini dei primi cicli di istruzione, la presenza in classe ed il rapporto con i maestri è fondamentale per la crescita e la formazione. A ciò si aggiunge il fatto che non tutte le famiglie sono provviste di tanti apparati elettronici che permettano a più di un figlio di seguire le lezioni, e non tutte le famiglie sono culturalmente preparate a supportare il processo di apprendimento dei figli.
art. 41 libertà di iniziativa economica
art. 42 sul diritto di proprietà. La Costituzione prevede che sia limitata per assicurarne la funzione sociale e per renderla accessibile a tutti.
In tempi più recenti, grazie alle fantasiose interpretazioni degli organi locali, si sono avute persino violazioni all’art. 3 sul principio di uguaglianza.
Quest’elenco sembra opera di un maniaco del diritto, ma non va sottovalutato, date le implicazioni che possono avere le singole voci; si pensi ad esempio che ad esse sono collegate le sanzioni che sono state comminate in questo periodo, che sono destinate a decadere se si decide sull’incostituzionalità dell’atto in base al quale sono state prese. Per questo possiamo concludere che potrebbe essere un buon elemento di pacificazione l’annullamento delle salatissime multe per infrazione all’ordine di segregazione; si eviterebbe anche il marasma delle liti giudiziarie che incombe, visto che parecchie saranno contestate.