Grazie al contributo sapiente dell’avv. Mescoli abbiamo già avuto modo di interrogarci sull’impatto dei DPCM Covid sulla vita nelle famiglie “disgregate”, ossia dei problemi e dubbi sulla concreta esecuzione dei provvedimenti giudiziali di separazione e divorzio che regolano il diritto di visita di genitori e figli, a fronte anche solo dalle limitazioni di circolazione imposte dal Governo (divieto di passaggio da un comune all’altro, possibilità di uscire solo per esigenze lavorative, di salute, spesa e necessità comprovate). Cosa deve prevalere la salute o la bigenitorialità? I provvedimenti governativi non hanno affrontato il problema in argomento ed i tribunali hanno dato risposte ad intermittenza. La questione poi si è rivelata ancor più complessa per i genitori non coniugati e quindi per i figli non-matrimoniali, riguardo ai quali non sempre vi sono provvedimenti giudiziali che già ne regolino la frequentazione, e pertanto ci si è trovati in assenza di ordini giudiziali da poter esibire al fine di giustificare i relativi spostamenti: pensiamo ad esempio a due genitori ex conviventi che abbiano ora residenze distinte, in comuni diversi, che si siano accordati stragiudizialmente sulla frequentazione dei figli con ciascuno di loro: in questi mesi essi sono risultati semplicemente “parenti non conviventi” dei propri figli, senza alcun provvedimento giudiziale da esibire o di cui pretendere l’esecuzione, e quindi rimanendo soggetti alle limitazioni; con conseguente discriminazione di fatto tra figli matrimoniali e figli (ex) matrimoniali.
Su altro fronte assai delicata è stata (ed è) la condizione dei genitori che hanno procedimenti pendenti al Tribunale per i Minorenni, magari con allontanamento pregresso dei figli in eteroaffido: praticamente nessuna udienza è stata celebrata di quelle fissate in marzo e aprile, con conseguente ulteriore sacrificio di tempo e distacco, supplito – nella migliore delle ipotesi – da qualche videochiamata. Per inciso, alla sottoscritta, per un paio di udienza di aprile, nonostante la mancanza di provvedimenti di rinvio da un lato e del proclama sulla fantomatica celebrazione delle udienze da remoto, nulla è stato risposto neppure dopo formale istanza inoltrata a mezzo PEC. Solo il buon cuore di un Assistente sociale, con una telefonata, ha annunciato che l’udienza della mattina dopo non ci sarebbe stata: ancora oggi il sistema informatico dice che la mia udienza è stata il 7 aprile e nulla mi è stato comunicato circa l’effettivo rinvio. Altri mesi di lontananza, senza certezza neppure sul futuro posto che (esperienza personale) talvolta le udienze solo “saltate” senza rinvii ufficiali e si è ancora in attesa di sapere quando si potrà anche solo comparire davanti al Giudice, figuriamoci vedere la chiusura di un procedimento.
Su altro fronte le questioni economiche: gli assegni di mantenimento che vengono stabiliti dal Tribunale per i figli sono parametrati principalmente su due criteri, la capacità contributiva (reddito) del genitore non convivente ed il suo apporto diretto ai bisogni dei figli (quanto tempo passano con lui). Ora, è immediato rendersi conto che negli ultimi mesi ci sono genitori sono stati messi in cassa integrazione, o se autonomi hanno visto la loro attività chiusa (pensiamo anche solo a baristi, parrucchieri ed estetisti chiusi forzatamente per tre mesi): come fare a rispettare gli oneri di mantenimento disposti dal Tribunale? Non ha caso si è letto nella cronaca di questi mesi di un vero e proprio Boom di genitori che non versano gli assegni. A tal riguardo, inoltre, occorre rammentare ed evidenziare che il mancato versamento dell’assegno di mantenimento determina conseguenze sia dal punto di vista civile, legittimando azioni esecutive di recupero del credito, sia sotto il profilo penale, rischiando di esser perseguiti per il reato di cui all’art. 570 bis c.p.; una plausibile soluzione alla problematica che qui ci occupa potrebbe essere individuata nell’istituto dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, disciplinata dagli artt. 1256 a 1258 del Codice Civile, ma nel frattempo l’obbligato si vedrebbe comunque quantomeno notificare un atto di precetto da opporre quanto al debito accumulato, per poi adire il Tribunale per ottenere una modifica per il futuro. Certo, a partire dai principi di buona fede, lealtà e correttezza ex artt. 1175 e 1176 c.c. interpretati alla luce del principio di solidarietà sociale ex art. 2 Cost., che regolano l’esecuzione delle prestazioni la questione potrebbe risolversi con un accordo di negoziazione assistita che modifichi le condizioni di separazione o divorzio, sia pur limitatamente alla durata dell’emergenza, ma sappiamo bene che non sempre il clima lo consente.
Ed ancora vi sono figli che normalmente passano tempi significativi con ciascun genitore (pensiamo ai “pari tempo”, o alle settimane alternate, ad esempio), ma che in questi mesi, invece, per prudenza o impossibilità, non hanno visto l’altro genitore che pertanto non si è occupato mai di loro in maniera diretta, addossando all’altro genitore tutto il carico economico della spesa alimentare. Il tutto senza poter adire con celerità l’autorità Giudiziaria che nella fase di sospensione (dal 9 marzo all’11 maggio) poteva trattare solo questioni urgenti, nelle quali le statuizioni economiche normalmente non rientrano (cfr Tribunale di Busto Arsizio 03/04/2020). Zero certezze, tante difficoltà, e anche in questo caso poche e diverse risposte con il risultato di ostacolare l’effettiva genitorialità, aggravare i problemi economici ed alimentare il contenzioso futuro.