La Gran Bretagna ha affrontato con un ritardo di circa 15 giorni rispetto all’Italia la situazione di emergenza derivante dall’epidemia di Covid 19.
Addirittura, il primo ministro Boris Jhonson ai primi di marzo, riferisce con una eccessiva sicurezza, che ancora era possibile stringere la mano a tutti.
Tuttavia, in data 12 marzo, lo stesso primo ministro ammette che l’epidemia di Covid 19 è senza precedenti, ovvero è: “La peggiore crisi da una generazione “
La sua onestà è tale da arrivare ad affermare in uno dei suoi discorsi in maniera molto dura ai cittadini inglesi che: “Molte famiglie perderanno dei cari prima del tempo”
Tuttavia, nessuna misura viene applicata, solo si ripete la necessità di lavarsi le mani con cura.
Sulla stessa linea anche il consigliere scientifico dell’esecutivo evoca in un’intervista l’ipotesi di una diffusione “mitigata “ del virus per sperare di arrivare ad una forma di immunità collettiva
(c.d. “di gregge”) lasciando così immaginare, in un primo momento, una strategia alternativa al lockdown.
Tuttavia, Boris Jhonson, preso atto delle previsioni catastrofiche tracciate da uno studio statistico di Londra circa le molte vittime prevedibili in assenza di lockdown, in data 16 marzo annuncia la svolta, raccomandando lo stop a qualunque contatto sociale non essenziale e il lavoro a distanza. La chiusura di scuole, palestre, pub, cinema, musei scatta, di lì a breve, ovvero il 20 marzo.
Restano aperte solo le attività essenziali e si potrà quindi uscire solo per lavoro, spesa, portare a spasso il cane: il lockdown diviene generale in data 23 marzo.
Se è vero che la chiusura in Inghilterra ha tardato a scattare, è altrettanto vero che i britannici erano mentalmente preparati a quanto sarebbe accaduto, complice anche l’esperienza italiana a cui hanno guardato.
Da subito infatti si sono auto-isolati ed hanno attivato lo smart working.
Per quanto concerne il settore religioso, la chiesa britannica viene definita Anglicana dopo la separazione dalla Chiesa Cattolica romana nel XVI secolo; essa si concreta in una forma mitigata di protestantesimo ed in buona sostanza nega l’autorità del Sommo Pontefice, in quanto a capo della chiesa rimane la dinastia reale inglese.
La Conferenza episcopale di Inghilterra ha concordato in data 20 marzo la sospensione di tutte le liturgie pubbliche; le messe così sono state sospese e sono state celebrate in assenza di fedeli.
Sui citi delle singole diocesi sono ancora oggi trasmesse le celebrazioni in streaming in modo che i fedeli possano partecipare da casa.
Sono stati sospesi o posticipati anche tutti i battesimi, le prime comunioni le cresime e i matrimoni.
Riguardo invece all’unzione degli infermi, vien dispensata utilizzando un batufolo di cotone che deve essere successivamente bruciato.
In data 27 marzo arriva la notizia shock: anche il premier Boris Jhonson si dichiara positivo al test del Covid 19.
Inizialmente i sintomi vengono dichiarati lievi e il premier si limita ad isolarsi a casa, indirizzandosi al Paese via video. Durante la giornata del 5 aprile (giorno in cui anche la regina Elisabetta tiene il suo discorso alla Nazione) viene reso noto l’improvviso ricovero del Premier al e il giorno dopo il trasferimento in terapia intensiva, causa aggravamento respiratorio.
Il discorso che la Regina rivolge ai sudditi ha valore essenzialmente di incoraggiamento: “Se rimarremo uniti ce la faremo“ Elisabetta ricordandosi così del suo primo discorso (radiofonico) che fece alla Nazione, aiutata dalla sorella Margaret nell’anno 1940. È il quarto discorso che la regina rivolge alla Nazione in 68 anni di Regno.
Solo in data 12 aprile il premier viene dimesso, e confessa di essere stato per un paio di giorni in bilico fra la vita e la morte, cogliendo anche l’occasione per ringraziare medici e infermieri.
Prima dell’avvio della fase 2 sono stati fatti i bilanci sui decessi in Gran Bretagna, che ha ottenuto il triste primato del primo Paese in Europa con maggior numero di decessi per coronavirus, circa 40.000,00 morti.
Di questi giorni è l’avvio della Fase 2, suddivisa a sua volta in tre fasi, la prima in corrispondenza della metà di maggio, la seconda in giugno e l’ultima in luglio.
Si tratta di una riapertura cauta e graduale, unitamente alla solita raccomandazione di utilizzare la mascherina negli spazi chiusi condivisi con altre persone, quali i mezzi pubblici e luoghi di lavoro.
In data 13 maggio si è dato avvio alla prima tappa di questa seconda fase, e, pur in presenza dell’obbligo della distanza sociale, sono state apportate alcune modifiche rispetto alla fase di chiusura precedente: viene sollecitata la ripresa del lavoro per chi può senza utilizzo di mezzi pubblici, via libera anche all’esercizio fisico all’aperto, e viene data ai cittadini la possibilità di incontrare una persona estranea al gruppo familiare con la possibilità di riunirsi fino a sei persone.
La seconda tappa scatta il 1 giugno e prevede la riapertura delle scuole del primo ciclo ed ultimo ciclo, oltre all’apertura di alcuni negozi, eventi culturali e sportivi a porte chiuse.
Anche in Inghilterra è previsto obbligo di due settimane di quarantena per chiunque arrivi dall’estero.
La terza tappa della seconda fase è fissata per il 4 luglio ed allora si potranno riaprire pub e ristoranti, con l’auspicio che i contagi come i decessi si mantengano stabilmente in diminuzione.
Circa gli accordi fra governo inglese e Chiesa, si rammenta che in data 6 luglio 2013 è stato firmato un accordo storico tra governo inglese e Chiesa anglicana: il ministro dell’educazione inglese Gove ha sottoscritto un patto per permettere alla Chiesa Anglicana di dirigere le scuole statali.
Gove ha giustificato così:” La Chiesa fa un lavoro stupendo per innalzare gli standard educativi del Paese e fornire ai ragazzi un ambiente sicuro ed amorevole; io però vorrei di più. Mi piacerebbe che aiutasse le scuole a raggiungere l’eccellenza“