La storia della Chiesa cattolica in Norvegia è vecchia quanto la storia dello stato. Portato nelle terre scandinave da missionari anglosassoni e poi germanici, il cattolicesimo venne dichiarato religione di stato dal santo re Olaf II di Norvegia nel 1030. Rimase tale fino alla riforma protestante, quando, in base al principio Cuius regio eius religio, Cristiano III di Danimarca, che aveva nel suo territorio anche l’attuale Norvegia, vi impose la religione luterana come religione di stato.
A partire dal 1526 il sovrano confiscò le proprietà della Chiesa e dei monasteri, i beni personali dei sacerdoti, che furono esiliati o incarcerati fino alla morte, ma la fede è sopravvissuta nonostante le severe punizioni previste per i cattolici. Alla Chiesa cattolica non fu permesso di operare in Norvegia fino al 1843, quando fu riconosciuta la libertà di culto. Vennero quindi riaperti i luoghi di culto e ritornarono gli ordini religiosi.
I paesi scandinavi – Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – sono comunque in massima parte protestanti (la percentuale massima di cattolici è in Norvegia, dove sono solo il 5%) ed è per questo motivo che solo il primo marzo 1960 Papa Giovanni XXIII ha potuto costituire la delegazione apostolica in Scandinavia. Le Diocesi di Copenhagen, Stoccolma, Helsinki, Reykiavik e la Diocesi di Oslo con le Prelature territoriali di Tromso e Tronheim sono direttamente soggette alla Santa Sede.
La maggior parte dei cattolici nei paesi scandinavi, vari sacerdoti e alcuni vescovi sono di origine straniera, anche se di fatto ogni anno un centinaio di luterani, agnostici o lontani dalla fede chiede di passare alla chiesa cattolica. In Norvegia il 75% dei cattolici è nato in un altro stato e molte sono le celebrazioni in lingua straniera, prevalentemente in inglese quale lingua liturgica comune. I primi immigrati cattolici provenivano da Germania, Olanda e Francia; dagli anni ‘70 sono iniziate le immigrazioni da Cile, Filippine, Vietnam e Tamil. Solo dal 2008 sono arrivati in Norvegia molti migranti economici provenienti da Polonia, attualmente il più grande gruppo cattolico in Norvegia e Lituania.
Lo stato versa finanziamenti alle organizzazioni religiose (e quindi anche alle diocesi cattoliche) in base al numero dei cittadini che liberamente vi si iscrivono.
In questi ultimi mesi la Chiesa cattolica norvegese, di fronte all’emergenza coronavirus, ha adottato le stesse misure dell’Italia, ovvero sospensione delle celebrazioni pubbliche fino al 10 di maggio; successivamente è stato adottato un sistema di prenotazione per poter partecipare alle Messe e ciò al fine di evitare affollamento. Il tutto è seguito da dei volontari, che però devono fare un piccolo corso di preparazione al fine di garantire la massima sicurezza sanitaria.
Dal 10 maggio fino a 50 persone possono assistere a battesimi, funerali e matrimoni, ma non tutte le chiese sono state riaperte e lo Stato ha supportato la diffusione delle celebrazioni on line, offerta digitale che continuerà anche nei prossimi mesi.
Il leader dell’Associazione norvegese della chiesa, Oddbjørn Eide, ha affermato “Molti, incluso noi, non vedono l’ora di aprire altre chiese. Ma prima, dipendenti e volontari devono essere formati e costruire una buona collaborazione sul controllo delle infezioni. Pertanto, si verificherà un’apertura graduale man mano che avremo le misure necessarie nella singola chiesa”.
Esiste un sito Billetter til gudstjenester che letteralmente significa “biglietti per la religione” attraverso il quale si può prenotare sia la partecipazione alle Messe che ai momenti di adorazione eucaristica, molto diffusi qui in Norvegia.