In queste poche parole “Libertà di espressione” si racchiude la centralità del nostro essere umani, individui razionali, empatici e compassionevoli.
La nostra Costituzione racchiude in sé questo diritto “magico” che in combinato disposto con il rispetto dell’altro, dovutogli solo per il fatto di esistere, ha consentito ai popoli di liberarsi da regimi oppressivi e totalitari.
L’art. 21, I comma, della Costituzione Italiana recita così: ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Ciascuno di noi, tranne in caso di delitti o dichiarazioni contrarie al buon costume, può liberamente manifestare le proprie opinioni o può non manifestarle, senza che alcuno possa ostacolarci, fisicamente e verbalmente.
Purtroppo questo nostro diritto, per il quale i nostri antenati si sono battuti anche a costo della vita, è sempre di più sotto attacco, in nome di una uniformità di pensiero, del “politicamente corretto” (concetto non ben definito e privo di connotazione). Per dirla con un termine inglese che va tanto di moda, tutti ci dovremmo uniformare al “mainstream”, il pensiero dominante.
Ma perché? Per quale motivo dobbiamo uniformarci ad unico pensiero? Perché dobbiamo privarci dell’arte della dialettica, dell’argomentazione, del piacere del confronto? Perché dovremmo privarci anche solo del piacere dell’ascolto dell’altro, senza dare giudizi né opinioni? E, ancora, perché dovremmo privarci di un piacere ancora più intenso, più appagante: il piacere di trovare punti in comune in opinioni apparentemente contrastanti e fare dunque una sintesi di interessi che, magari, non sono poi così contrapposti.
Il voler condurre la comunità a pensare in modo univoco non è una cosa nuova, avviene da secoli, non solo nelle dittature nei confronti del popolo, ma anche nei rapporti tra due persone, nelle famiglie e nei rapporti di amicizia.
Ricordo come se fosse oggi quando, mentre frequentavo il liceo, dopo aver assistito ad una rappresentazione teatrale, in mezzo ad un coro pressoché unanime di opinioni negative, mi sono azzardata ad esprimere un giudizio positivo su alcuni aspetti dello spettacolo: ebbene mi è stato detto (da un’amica) “…ma a te va sempre bene tutto, non hai opinioni…”. Chiaramente non era vero, io un’opinione l’avevo e l’avevo anche espressa, ma non andava bene al gruppo e, quindi, invece di contestare la mia affermazione hanno preferito contestare me. E’ stata un’esperienza formativa, tanto che la ricordo vividamente ed altrettanto vividamente ricordo quanto imparato dallo studio degli autori greci e latini e dei filosofi, che mi hanno insegnato che non esiste un unico pensiero, ma tanti pensieri diversi e che tutti meritano rispetto ed insieme aiutano le comunità a crescere libere ed in armonia con ciò che le circonda.
Mi chiedo quale possa essere la paura profonda di coloro che oramai ovunque sui social, sulle televisioni, sui giornali ed in ogni genere di occasione pubblica o privata, vogliono comprimere e schiacciare la libertà di espressione, aggredendo verbalmente chi espone idee diverse, dileggiando ed ironizzando. Temono forse di non avere idee abbastanza forti, aggreganti, condivisibili?
La libertà deve essere il centro del nostro universo, un dovere prima che un diritto: libertà di vivere, di crescere, di curarci, di pensare, di studiare, di discutere, di arrabbiarci, di fare pace, di amare, di perdonare e di dire quello che pensiamo.
Dobbiamo presidiare questo nostro tanto inalienabile quanto fragile diritto ed insegnare ai più giovani a difenderlo, ricordando le parole del Presidente Sandro Pertini che nel suo discorso alle Camere, dopo la sua elezione, il 9 luglio 1978, disse “…se a me socialista da sempre proponessero la più radicale delle riforme sociali in cambio della libertà, la rifiuterei, perché la libertà non è mai barattabile…” e anni dopo, rivolto ai giovani, durante il suo discorso di Capodanno del 31/12/1983, affermò “battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale…ma siate sempre tolleranti…lottate con la passione con cui ho lottato io e con cui lotto ancora oggi… per le vostre idee e per i vostri principi…ma io vorrei che teneste presente un ammonimento: ‘dico al mio avversario: io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita affinché tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente…’”.
Concludendo se vogliamo parlare “politamente corretto”, allora dobbiamo accettare le opinioni altrui e rispettarle, anche se non le condividiamo e le contestiamo.
Liliana Bertolini – UGCI Reggio Emilia