In Senato dovrà essere discussa la proposta di legge contro l’omofobia e la transfobia, nota come DDL Zan, sintesi di cinque diverse proposte di legge del medesimo tenore: val la pena di farne un esame e riflettere insieme.
La proposta di legge n. 569, presentata il 2 Maggio 2018 dall’on. Zan e altri, riguarda gli artt. 604 bis e 604 ter del Codice Penale, che punisce chiunque, da solo o riunito in associazione, “propaganda idee” o “istiga a commettere o commette atti di discriminazione” e chi “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza” “per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. La proposta di legge prevede che nell’elenco dei motivi dei reati si aggiunga “per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”.
Precisiamo innanzitutto, anche se si tratta di cosa ovvia, che le offese, le discriminazioni o le violenze contro gli omosessuali sono già punite dalle norme generali del Codice Penale. La modifica di legge comporterebbe dunque solo un aggravamento delle pene e un impegno a mettere all’ordine del giorno anche giuridicamente un problema di particolare rilevanza.
La modifica di per sé è inserita in quella tutela delle minoranze che oggi è così sentita dalla nostra cultura e può sembrare un’innocente precisazione; in realtà solleva molte difficoltà, anche per la situazione storica in cui è inserita. Il movimento gay è oggi quanto mai agguerrito e la sua azione ha già creato grossi danni all’istituto della famiglia e ne promette altri. Inoltre, proprio per le pressioni sull’opinione pubblica, l’interpretazione che in sede giuridica si dà alle parole “propaganda” o “istigazione” è quanto mai ampia. Si pensi ad esempio al fatto che oggi non si possono chiamare “negri” gli abitanti dell’Africa, ma bisogna chiamarli “neri”, nella presunzione che il secondo termine sia meno offensivo del primo.
Questo fa sì che la norma proposta, se approvata, impedirebbe a chiunque di dire pubblicamente il proprio parere sul fenomeno gay, o sulla teoria dei gender o su qualunque argomento similare, qualora non sia in totale assenso con le teorie gay. Eppure l’argomento è molto importante, poiché comporta una scelta di vita che finisce per coinvolgere, poco o tanto, anche gli altri e sulla quale sono legittime scelte contrapposte.
In altre parole con questa norma viene impedito il libero dibattito delle idee. Né si può obbiettare che si tratta di timori infondati e che c’è differenza tra esporre le proprie idee e fare propaganda, visto che proprio a Reggio è successo che si è multata una madre che, durante il coronavirus, ha abbracciato il suo bambino che non vedeva da mesi. Sarà curioso vedere dei carabinieri che si precipitano in un bar perché un cliente ne ha sentito un altro parlare di gay o lesbiche.
D’altra parte il fenomeno gay è assai complesso ed interessa politici, economisti, psicologi, insegnanti e padri di famiglia: a nessuno di costoro possiamo porre dei divieti, che non siano quelli normali di legge.
Interessa certo anche la Chiesa, visto i difficili problemi morali che coinvolge. Con la formulazione proposta un sacerdote non potrebbe più leggere in chiesa il primo capitolo della lettera di S. Paolo ai Romani.
Inoltre la legge ha bisogno di una preventiva definizione della realtà gay, poiché, se l’inclinazione omosessuale è un fatto naturale che riceviamo alla nascita, è evidente che un individuo con inclinazioni omosessuali ha la stessa dignità umana degli altri e non può essere sottoposto a discussione, ma se, in base alla recente e famigerata teoria dei gender, l’omosessualità è una scelta come varie altre, allora è ovvio che ognuno la debba discutere in piena libertà di pensiero e di parola.
Infine, è assai pericoloso legiferare sotto la pressione di movimenti d’opinione settoriali e transeunti: ne derivano leggi non solo squilibrate in sé, ma anche destinate ad invecchiare troppo rapidamente.
A cura di UGCI Reggio Emilia