Dopo una ubriacatura iniziale in cui molti riscoprivano la bellezza del tempo che rallenta scorrendo piacevolmente tra le mura domestiche, con l’andare del tempo all’allarme derivato dalla epidemia e dal modo con cui sono stati riversate tonnellate di dati spaventosi si è sommata la fatica della quarantena. Da due mesi la popolazione è esposta a stress continuo; se vi si aggiunge la forte paura per il degrado delle condizioni economiche fino al timore della perdita del lavoro si comprende meglio il perché dei drammatici dati emersi da uno studio commissionato dall’Ordine degli Psicologi all’istituto Piepoli.
L’impatto emotivo della emergenza su una persona dipende dalle caratteristiche e dalle esperienze di quella persona oltre che dalle sue circostanze sociali ed economiche.
Non ci sono dati desunti da esperienze simili che permettano di trarre esaurienti conclusioni. Tuttavia da tragedie sociali in qualche modo ravvicinabili come il crollo delle torri, precedenti epidemie più locali, terremoti o tsunami si è visto che una quota di popolazione trae spunto dalla tragedie per correggersi, migliorare proprie debolezze, divenire più responsabili, in parole divenire più resilienti. Per qualcuno probabilmente anche questa epidemia sarà una occasione per crescere, per diventare più calmi e sicuri, più ispirati. Ma costoro con probabilità saranno i meno. I più ne trarranno seri danni, fisici psichici relazionali e spirituali. Insomma l’epidemia non colpisce solo, si fa per dire, col virus; i suoi correlati rischiano di fare peggiorare la qualità della vita di milioni di persone. Lo strumento stesso usato per proteggersi dal contagio ha con sé conseguenze molto serie. I danni che può provocare la quarantena sono di tale ampiezza che è difficile citarli tutti in un breve unico articolo. Sono danni già attuali ma che si possono spandere avanti negli anni. Una ricerca sociologica non ha la stessa attendibilità di una indagine scientifica tuttavia l’istituto Piepoli rileva un livello di sofferenza mai prima così elevato. Il 42% dichiara di soffrire di ansia/stress, il 24% ha disturbi del sonno, il 22% si sente più irritabile, il 18% ha l’umore depresso, il 13% dichiara di essere immerso in conflitti relazionali. Certo, sono problemi che potevano pre-esistere; infatti è solo, solo?!, il 31% degli italiani che dichiara un netto peggioramento delle condizioni psicologiche. Le cause principali che fanno soffrire si suddividono. Il 51% si sente afflitto dalle condizioni/restrizioni della pandemia, il 58% sta male per le prospettive, il futuro angoscia.
Ora è evidente che bisogna farsi carico sia della tutela dal contagio sia dello stato psichico della popolazione altrimenti avremo individui spossati, famiglie sfasciate, comunità affannate. In particolare le persone più vulnerabili sono più esposte, gli anziani, i malati mentali, i disabili, i bambini: le persone più indifese. Le persone che hanno più bisogno della linfa vitale delle relazioni umane per non essere travolte dalla paura e dalle angosce. C’è bisogno di trovare forme di ascolto, vicinanza, sostegno inedite sia per forma ma anche per dimensione perché le ferite sono tante e non possono essere rimosse e recluse.
Per una di quelle coincidenze che capitano nella vita e nella storia, con gli amici ci siamo ritrovati, alla vigilia del 25 Aprile, a parlare di diritti conquistati a caro prezzo, di libertà di parola, di culto e di riunione, di pensiero e di espressione ed anche del diritto ad avere un giusto processo. Sono emersi ricordi di quando, per motivi di salute pubblica, vennero aboliti gli avvocati ed i processi e di come per decreti vennero tolte le minime libertà, sino a considerare oggi l’ipotesi, per quanto almeno suggeriscono talune affermazioni di importanti personaggi, di una sorta di reintroduzione di passaporti interni, come al tempo degli Stati preunitari. Per una serie di ragioni il 14.2. ero a Bergamo ed il 20.2 a Milano. Poi, la sera del 22.2 mi ha telefonato un caro amico, medico a Codogno, per dirmi che avevano trovato in un paziente qualcosa che non conoscevano e, se era il virus cinese, di starmene in casa il più possibile. Da allora per me e la mia famiglia è iniziata una sorta di quarantena volontaria, che non mi è pesata. Mi sembrava una normale condotta. Ma questa condotta, collettiva, regolata per decreti seriali, per quanto estesa e per come applicata in concreto, ha qualcosa a che vedere con quei diritti – tutti – non solo quello alla salute che dovrebbero esserci garantiti dalla Costituzione ? oppure il diritto alla salute pubblica, per ignoranza dei dati reali del contagio o per impreparazione ad affrontare una malattia così insidiosa, è un vettore per una limitazione eccessiva di tali diritti ? ed in forza di quale potere costituzionalmente conferito ? Si tratta di quesiti per niente teorici od oziosi la cui risposta fa la differenza tra accettare di essere sudditi od essere cittadini, titolari di diritti veri. Ai miei Colleghi l’arduo compito di svolgere questi temi, concreti, che ci riguardano.
Sul sito ugcre.it sono disponibili approfondimenti che motivi si spazio non possono essere integralmente riportati.
Nel primo libro dei Re (19, 5), si racconta che Elia, inoltratosi nel deserto una giornata di cammino, andò a ripararsi sotto un ginepro e, desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”.
Il deserto lo abbiamo visto tutti (rigorosamente dalle finestre delle nostre case) durante le scorse settimane nella nostra città; l’attuale legislatore certamente non è migliore dei suoi padri (ma non tanto da meritarsi la pena capitale… per carità cristiana!), però il ginepraio di norme cresciuto in questi mesi durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 proprio non pare offrire alcuna protezione (ne cives ad arma ruant).
Per dare un’idea di massima di questa concerie, di seguito si rimette un lungo, incompleto e noioso elenco dei principali provvedimenti normativi, che si limita a quelli provenienti dalle Autorità nazionali… ed infatti, a questi si devono aggiungere ordinanze, decreti e grida comunali e regionali: insomma, qualcosa in più dei dieci comandamenti, che da duemila anni reggono la Chiesa.
Partiamo dalla Delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01.2020 (sì, la data è corretta!), con cui è stato dichiarato lo «stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» e poi attendiamo ventitré giorni per il d.l. n. 6 recanti «Misure urgenti [a quella data per forza!, n.d.a.] in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19» ed il d.p.c.m. di pari data con le relative disposizioni attuative, a cui fanno seguito ulteriori tre d.p.c.m. con “ulteriori disposizioni attuative” rispettivamente del 25.02.2020, del 01.03.2020 e del 04.03.2020; il 05.03.2020, a tempo di record, il d.l. n. 6/2020 è convertito, con modifiche, nella l. n. 13/2020.
Nel frattempo è emanato il d.l. 02.03.2020 n. 9 in materia di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese, ed a stretto giro la Delibera del Consiglio dei Ministri del 05.03.2020 ed un nuovo d.p.c.m. dell’8.03.2020 (quello che include Reggio Emilia nella c.d. “zona rossa”). Lo stesso giorno, è emanato il d.l. n. 11 (in materia di svolgimento dell’attività giudiziaria) e seguono a ruota il d.p.c.m. 09.03.2020, che estende le previsioni del d.p.c.m. 08.03.2020 all’intero territorio nazionale, il d.l. n. 14/2020 dello stesso giorno (potenziamento del S.S.N.) ed un ulteriore d.p.c.m. in data 11.03.2020, che sospende le attività commerciali. In data 17.03.2020 vede la luce il famoso decreto “Cura Italia” (d.l. n. 18/20, che sarà convertito in l. 24.04.2020 n. 27), il quale potenzia il S.S.N. e provvede circa il sostegno per famiglie, lavoratori e imprese; mentre l’escalation delle chiusure raggiunge l’apice con il d.p.c.m. 22.03.2020, in base al quale viene disposta la sospensione di tutte le attività produttive, industriali e commerciali (salvo rare eccezioni), e con l’altro famoso d.l. c.d. “Italia zona rossa” (n. 19 del 25.03.2020), che consente l’adozione di limitazioni assai stringenti anche allo spostamento delle persone; a questi fanno seguito il d.p.c.m. 01.04.2020 e successivamente il d.p.c.m. 10.04.2020, recanti le disposizioni attuative.
La cavalcata dei decreti continua con due d.l. dell’8.04.2020: il n. 22, in materia di scuola, ed il n. 23 (c.d. “decreto liquidità”), con l’ultimo, in ordine di tempo, d.p.c.m. di attuazione del d.l. n. 6/2020 in data 26.04.2020 ed infine con il d.l. 30.04.2020 n. 28, in materia di giustizia.
A ciò vanno aggiunti circa duecento tra decreti, ordinanze, protocolli, direttive, provvedimenti e note di ministeri, dipartimenti e commissari straordinari, senza contare, come detto in apertura, la normativa locale né le “domande e risposte” (FAQ), le quali ultime non sono fonti normative: «quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer le violenze e l’astuzia di questi».
Molti cattolici si stanno chiedendo oggi se il divieto di celebrare Messe, funerali, di fare processioni o Via crucis sia stato e sia legittimo e costituzionalmente corretto.
L’art 7 della Costituzione repubblicana afferma:
Lo stato e la chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani
I loro rapporti sono regolati dai Patti lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Durante la segregazione per il Covid 19 lo Stato è entrato nelle Chiese, ha vietato le celebrazioni religiose ed addirittura i funerali.
Davvero poteva farlo? O la chiesa poteva opporsi in nome della stessa Costituzione (art. 7 e 19) e addirittura riaprire una questione che i Patti lateranensi avevano risolta?
Ma quanti italiani (e ci permettiamo di dire anche quanti parlamentari o uomini di governo) sanno che cosa sono Patti Lateranensi?
Proviamo a riassumere.
I patti lateranensi conclusi fra il Regno di Italia e la Chiesa cattolica l’11 febbraio 1929 (giorno in cui la Chiesa festeggia la Madonna di Lourdes) posero fine alla “questione romana” esistente fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica che durava dal 1870.
Sono costituiti da tre convenzioni internazionali: il trattato, la Convenzione finanziaria ed il Concordato.
Mentre il Trattato fu un accordo storico politico che pose fine alla questione romana e fece nascere lo Stato Vaticano; la convenzione finanziaria definiva le somme che lo stato italiano doveva versare alla Chiesa per essersi appropriato dei territori e dei beni di proprietà della Chiesa che facevano parte dello Stato pontificio; il Concordato è un atto giuridico, un accordo fra lo Stato italiano e la chiesa che regolamenta i rapporti giuridici relativi a persone che sono contemporaneamente cittadini dello stato italiano e fedeli della Chiesa cattolica.
A questi Patti fecero riferimento i padri della Costituzione all’art 7, chiarendo bene che unilateralmente lo Stato non può modificarli.
Nel 1984 infatti si apportarono alcune modifiche al Concordato, in via consensuale, con gli accordi di revisione di Villa Madama.
Il concordato del 1929, con le modifiche del 1984 è quindi assolutamente in pieno vigore e lo Stato Italiano non può modificarlo unilateralmente
Per esser chiari quindi:
il Concordato ha lo scopo di disciplinare la vita della Chiesa cattolica che è in Italia, cioè della Chiesa italiana, con una finalità diversa, rispetto al Trattato, anche se ovviamente ci sono dei collegamenti di carattere giuridico e soprattutto di carattere ideale. Per cui una eliminazione del Concordato avrebbe conseguenze su tutti i Patti Lateranensi.
Senza pretese esaustive ci piace ricordare che nel concordato è assicurata alla chiesa (art. 1) il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica; è garantita (art. 2) piena libertà di comunicazione tra Santa Sede, Vescovi, clero e mondo cattolico “senza alcuna ingerenza del Governo italiano”, nonché piena libertà, senza alcun onere fiscale, di pubblicare ed affiggere all’interno e alle porte esterne degli edifici di culto od uffici ecclesiastici istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli; gli edifici aperti al culto sono esentati da requisizioni ed occupazioni, e la forza pubblica (tranne che nei casi di urgente necessità) ha divieto di entrare in edifici aperti al culto senza averne dato avviso all’autorità ecclesiastica (art. 9); alla scuola privata confessionale è riconosciuta la garanzia dell’esame di Stato (art. 35). Fu proprio il concordato che riconobbe effetti civili al matrimonio canonico e delle cause di nullità ecclesiastiche facendo quindi cessare l’obbligo sino allora vigente della doppia celebrazione civile e religiosa (art. 34); estensione dell’ora di religione cattolica (introdotta dal Ministro Gentile nelle elementari) a tutte le scuole di ogni ordine e grado (art. 36). Solo per citarne alcune.
Nel 1984 consensualmente vennero concordate alcune modifiche rese necessarie dal mutare dei tempi e dal concilio Vaticano II, ma, come scrisse il prof. Giuseppe Dalla Torre che fece parte della delegazione per la modifica “non mi pare che ci siano al momento esigenze di modifiche o di aggiornamenti. Semmai si potrebbe osservare che talora nella prassi, soprattutto giurisprudenziale, non sempre la lettera delle sue disposizioni appare pienamente osservata, come invece dovuto per solenni impegni assunti dallo Stato in sede internazionale” (11/02/2013 – ancora on line)
. L’accordo consta di quattordici articoli, i quali intendono affermare e tutelare:
Art 1: L’indipendenza e la sovranità dei due ordinamenti, Stato e Chiesa in linea con il dettato costituzionale (Art. 7 della Costituzione).
Art 2: Le garanzie in ordine alla missione salvifica, educativa e evangelica della Chiesa cattolica.
Art 3: Le garanzie in merito alla libera organizzazione ecclesiastica in Italia.
Art 4: Immunità e privilegi per figure ecclesiastiche.
Art 5: Gli edifici di culto che non possono essere requisiti, occupati, espropriati, demoliti o violati da forza pubblica se non per casi di “urgente necessità”.
Art 6: Le festività religiose.
Art 7: Le nuove discipline degli enti ecclesiastici.
Art 8: Gli effetti civili del vincolo matrimoniale celebrato in forma canonica.
Art 9: L’istituzione di scuole e la parificazione delle stesse alle scuole pubbliche.
Art 10: La parificazione delle qualifiche e dei diplomi ottenuti nelle scuole ecclesiastiche.
Art 11: L’assistenza spirituale.
Art 12: Il patrimonio artistico e religioso.
Art 13: La volontà in merito al valore giuridico del nuovo Accordo.
Art 14: In caso di difficoltà interpretative o applicative, vi si impone ai due contraenti di risolvere in maniera amichevole tali divergenze, per il tramite di un’apposita commissione paritetica.
Purtroppo i recenti episodi vissuti dalla Chiesa in Italia fanno dubitare e molto della volontà dello Stato Italiano di mantenere fermi gli accordi liberamente sottoscritti nel 1929 e concordemente modificati nel 1984. Questi dubbi su una prassi statale poco scrupolosa nel rispetto del concordato sono confermati dagli avvenimenti attuali. È comprensibile che la cultura anticlericale sia avversa al concordato ed è naturale che chi non ne conosce la storia, e quindi non sa a quante difficoltà e contrasti abbia posto fine, non percepisca la sua importanza; esso però è lo strumento per la realizzazione della libertà religiosa e della pace sociale all’interno della società moderna, libertà e pace così gravemente calpestate oggi da tante parti. La difesa del concordato è dunque un dovere anche per la Chiesa ed una necessità per tutti, con una cultura molto attenta alle tante insidie che la cultura multireligiosa del futuro può contenere in sé.
L’Unione Locale di Reggio Emilia si associa alle preghiere ed al cordoglio per la scomparsa di S. A. Em.ma Fra’ Giacomo Dalla Torre Del Tempio di Sanguinetto.